Open - 31 gennaio - Teatro Alessandrino - recensione


Il bianco e il nero, la metropoli e la foresta, l’amore e la lotta. La vita non è una successione di momenti pacifici, ma una dialettica costante tra opposti e una corsa forsennata verso una conciliazione a volte impossibile. Open si presenta come una successione di quadri danzati laddove la perfezione dei movimenti esprime ora perfetta intesa sensuale, ora contrapposizione viscerale, ora ironia e affanno quotidiano. Le ambientazioni sono create da pannelli scorrevoli che attraversano la scena, sui quali vengono proiettate immagini sempre diverse che trasportano in quadri cittadini forsennati o in una tenebrosa natura dove, sulle note di Chopin, i ballerini, che emergono da abiti che paiono tronchi, sembrano danzare una lotta sofferta e atavica.  Le musiche sono classiche (Bach, Beethoven, Chopin...) e si sposano con una danza estremamente moderna, che fonde il plasticismo della perfezione dei movimenti ginnici con una poeticità talmente trasparente da apparire violenta. Dunque quadri di vita e dialettica tra opposti, ma anche velocità e mutazioni rapide e improvvise, come il ritmo che anima lo spettacolo dall’inizio alla fine. I veloci passaggi dei pannelli variano la scena continuamente, le coreografie spesso simulano la corsa e l’affanno, la modernità traspare nella mancanza di pause e nella tensione costante che non permette neppure un attimo di tregua. L’attenzione non cala mai, giunge all’apice emozionale (per esempio in un quadro di danza di coppia da brivido), per stemperarsi nell’ironia (come con la famosa aria della Carmen interpretata con due pupazzi, o con una scena di matrimonio che si conclude in scontro all’interno di un ring).  L’aspettativa continua si conclude con una carrellata di musica contemporanea ballata in tuta da lavoro e stivali di plastica, un richiamo al mondo del lavoro, alla corporeità, ma anche alla possibilità, con la danza, di coniugare ogni modalità espressiva, ogni forma e ogni circostanza.
Veramente numeroso il pubblico e meritatamente applauditi i bravissimi ballerini.

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