Accadrà nel 1984 - 23 maggio - Alessandria - recensione


Una storia tra le storie di un libro senza tempo che, con una costruzione fantapolitica perfetta, rivela le aberrazioni di ogni totalitarismo e le tragiche conseguenze sul singolo colpevole di pensare. In “1984” il carattere dominante è l’oppressione, presente in ogni istante ed in ogni particolare, tale da anestetizzare qualsiasi naturalezza negli atti e qualsiasi slancio sentimentale. Il controllo, la paura e la soppressione di ogni caratteristica esteriore della personalità, come l’appiattimento di ogni rapporto umano, modificano le menti e le livellano ad un’ortodossia che equivale all’inconsapevolezza.  Fabrizio Pagella ed Edoardo Ribatto leggono, del capolavoro di Orwell, pagine scelte con una logica volta ad evidenziare la ripercussione, in una storia d’amore, della mancanza di libertà, in una società immaginata (ma ispirata a quella del socialismo staliniano) in cui il bispensiero esalta proprio come suprema libertà la schiavitù. Il semplice sfogo di un impulso diventa un atto politico, in quanto genuina espressione di umanità, e l’amore una scelta sovversiva da punire, in un mondo dove tutto deve essere odio e paura e dove non sono concessi sentimenti puri. La distopia di Orwell inserisce questa storia senza scampo nell’ineluttabilità generale della società e non vi è nulla di più sconfortante che un amore negato e annichilito. Tale è l’opera fagocitante, dal punto di vista psicologico, e tanto violenti e subdoli i metodi di rieducazione, che anche il ricordo del sentimento perisce e subentra il nulla affettivo. La drammaticità non si limita all’impossibilità di vivere in modo vero e libero, ma scaturisce dal plagio delle menti che, prima vive e dissenzienti, si riducono ad estensioni del bispensiero privo di significato espresso nell’ altrettanto insignificante neolingua.
Un’ora di sospensione drammatica, con due voci che si incalzano e creano un mondo claustrofobico e ossessivo. La musica di Luca Olivieri suggerisce atmosfere industriali e artificiali, contribuendo a cancellare ogni aspetto umano della società rappresentata. L’attenzione non cede per un attimo e il momento dell’arresto dei due amanti e della consapevolezza della fine dell’unico aspetto della vita degno di essere vissuto è il climax, sottolineato dalla voce metallica e asettica di un megafono, della serata. Intense le voci di Fabrizio Pagella ed Edoardo Ribatto, pressante la prima e  profonda la seconda, persuasive e all’altezza di una narrazione di forte impatto, cruda e di grande significato. Una splendida interpretazione che si fonde perfettamente con la musica e un’ottima scelta all’interno del testo che rivela gusto e intelligenza selettiva. La lettura ipnotizza gli spettatori sino al tragico epilogo finale in cui Wilson, il protagonista, ormai privo di individualità, guadagna la morte, perché finalmente giunto alla piattezza mentale dell’amore per il Grande Fratello.
Uno spettacolo assolutamente da non perdere.
E’ un piacere vedere al  “Fatto bene una volta” un pubblico così interessato e numeroso, gli applausi al termine sono sembrati non finire e la rassegna “Voglia di teatro” si conferma un grande successo.
Al prossimo giovedì. 

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