Il Bar Baleta: l'angolista.

L'angolista - gent. concessione Gino "Baleta" Gemme


Il Bar Baleta era un cosiddetto bar con biliardo, ma l’attività principale, oltre al far passare il tempo nelle discussioni più improbabili, come quella famosa del peso dell’aquila, che andò avanti per mesi, era il gioco della carte. I giochi più gettonati, oltre ai tarocchi, erano lo scopone, la briscola in cinque e tutta quella serie di giochi discendenti dal bridge come King, Superking e così via. Il bridge era evidentemente giudicato troppo snob e impegnativo soprattutto bisognoso di una concentrazione difficile da ottenere con il via vai e la allegra confusione del locale. Così, i pur diversi appassionati, sceglievano altri ambienti più titolati e solo di tanto in tanto alla domenica mattina, con la presenza di qualche giocatore di particolare rilevanza (la squadra alessandrina ha militato anche in serie A) si formava un tavolo attorno al quale si faceva subito un ambiente di rispettoso silenzio, rotto solo dagli ululati e dai pugni sul tavolo dei più nervosi in seguito a qualche errore dei soci malcapitati. Per tutto il resto della giornata e nelle lunghe serate invece, l’atmosfera era più distesa e gli sfottò classici, sempre uguali ma facenti parte del rituale, la facevano da padrone. Di norma i quattro giocatori di ogni tavolo, brigavano e discutevano con tranquillità sulle varie possibilità della partita, imprecando alla sfortuna delle carte sempre contrarie. 

Tuttavia questa armonia instabile durava fino al momento in cui arrivava una figura particolare, il famigerato Angolista. Costui è personaggio addirittura istituzionale nel bridge, che si definisce con un nome specifico: Kibitzer  (addirittura un termine yiddish, tanto per capirci!), ed è una vera piaga sociale per ogni circolo che si rispetti. Il tizio in questione, mediocre giocatore di solito o facile all’iracondia, cosa che gli impedisce di trovare un compagno fisso, è convinto in assoluto di essere un campione e soprattutto di avere in mano ogni segreto della tecnica di gioco. Arriva con fare circospetto, mentre tutti gli stanno alla larga, quando i tavoli si sono già formati, oppure rimane regolarmente spaiato quando le quadrette si accordano per iniziare la partita. Poi con calma, ordina un caffè e si sceglie il tavolo più litigioso o quello che lui ritiene composto da giocatori più scarsi e, afferrata una sedia si dispone ad un angolo del gruppo in modo da poter osservare con calma durante il gioco, le carte dei due giocatori che gli stanno ai lati. All’inizio ovviamente non dice nulla, poi appena capisce di essere spettatore accettato, comincia di volta in volta a rilasciare dichiarazioni sui supposti errori madornali commessi dai giocatori. E’ ovvio che conoscendo le carte di almeno due contendenti  e spesso del morto, è come se giocasse a carte scoperte, quindi parte da una posizione di considerevole vantaggio. 

Ma la cosa più insopportabile è che assieme alle perle di saggezza che dispensa alla fine di ogni mano, su come si sarebbe dovuta effettuare la giocata, o la dichiarazione, su quale sorpasso si sarebbe dovuto sperare o sulla facilità della conta delle carte in mano all’avversario, trincia giudizi impietosi sulle capacità dei vari giocatori, espliciti ed offensivi se in buona confidenza, mostrando facce e smorfie di dolore disumane ai supposti errori, nei tavoli meno tolleranti. Va da sé che in generale, nonostante la sua posizione di vantaggio, l’angolista prende quasi sempre lucciole per lanterne, vede squeeze inesistenti, messe in mano fantasiose e scorda di solito che le carte che suppone già uscite sono in realtà ancora in mano ai vari giocatori. Di norma gli viene restituito pan per focaccia e l’incauto viene caricato di contumelie e gli viene mostrata senza troppo savoir faire la sua pochezza, cosicché alla fine se ne va scornato, blaterando sulla incapacità generale dei giocatori del bar e inseguito dai lazzi impietosi delle sue supposte vittime. Il Bar ha avuto tra le sue file angolisti famosi di cui non voglio dire oltre, figure che anch’esse, però hanno collaborato a costruire quell’affresco impagabile che è stato il Baleta.


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